Cosa accomuna i popoli vissuti in Egitto nel 10500 a.C., il sensitivo Edgar Cayce e la nostra civiltà tecnologica?

La sfinge e le piramidi egizie

Vi è nel genere umano un istinto primordiale, quello legato alla sopravvivenza, che, in alcuni casi, trascende il caso soggettivo per diventare un imperativo collettivo. In parole povere: la sopravvivenza non è più una tendenza esclusivamente ascrivibile al singolo essere umano ma, talvolta, può coinvolgere intere popolazioni nel tentativo di conservare, trasmettere o salvare elementi importanti che hanno caratterizzato la vita di questa o quella civiltà.

E’ noto che il conosciutissimo sensitivo americano Edgar Cayce sostenne di aver sognato che ai piedi della Sfinge di Giza fosse localizzato una sorta di bunker che avrebbe dovuto contenere tutta la conoscenza dei popoli perduti di Atlantide. Questi, circa 12500 anni fa, avrebbero intrapreso un’opera faraonica di costruzione al fine di conservare, in una sorta di “arca”, informazioni ed oggetti utili a far ripartire la civiltà nel caso un cui un’immane catastrofe l’avesse annichilita. Dopo la morte del medium, verso la fine degli anni ’70 del secolo scorso, la Fondazione che porta il suo nome si occupò di finanziare la ricerca di questa “Hall of Records” o Sala dei Registri che, se ritrovata, avrebbe confermato non solo l’effettivo fondamento delle visioni del Cayce ma anche l’esistenza di una civiltà evoluta vissuta nel XI millennio a.C. Ma, nonostante il rinvenimento di anomalie al di sotto delle zampe della Sfinge, la presenza di questi ambienti non è stata finora definitivamente provata.

Paradossalmente, però, la data di costruzione vaticinata da Edgar Cayce corrisponde a quella provata scientificamente dal geologo e professore americano Robert Schoch che, in seguito a studi approfonditi sul materiale di costruzione della Sfinge, è arrivato alle medesime conclusioni circa il periodo di edificazione di questo eccezionale monumento.

E’ comprensibile che popoli giunti ad un determinato gradiente tecnologico cerchino di salvaguardare la propria sopravvivenza dagli eventi più impensati. Ed è possibile che prima di noi vi siano stati altri uomini preoccupati di lasciare una traccia del proprio passaggio ovvero di evitare ai sopravvissuti di qualche prevedibile catastrofe di dover ricominciare da zero. Se la presenza dell’archivio sotto la Sfinge dovesse essere prima o poi provata ci troveremo faccia a faccia non solo con una realtà finora negata, ma con lo specchio dell’anima dei nostri antenati. Che, in fin dei conti, condividevano con noi le medesime paure e, perfino, le stesse soluzioni. Infatti, è di pochi giorni fa la notizia dell’inaugurazione, nell’arcipelago delle isole Svalbard, della versione moderna della “Hall of Records”, cioè l’Archivio Artico Mondiale (Artic World Archive), localizzato in un’antica miniera sepolta nel permafrost. Diversamente dal suo noto vicino, la Svalbard Global Seed Vault, che conserva il patrimonio genetico delle più importanti sementi presenti nel pianeta, la nuova Sala dei Registri è stata costruita per proteggere i dati e i documenti più importanti del mondo da qualsiasi tipo di minaccia (catastrofi nucleari incluse). Il bunker è rivolto ad istituzioni, governi ed enti di ricerca che desiderino depositarvi le proprie memorie, ma anche ai privati disposti a pagare per vedere custoditi qui i propri dati per i prossimi mille anni.

Quindi, sia l’AWA che i vari magazzini di stoccaggio di sementi presenti nel pianeta consentirebbero alla popolazione mondiale investita da eventuali catastrofi naturali o guerre di ricominciare con più facilità il cammino verso l’evoluzione. E chissà se, in un lontano futuro, la notizia dell’istituzione del Global Seed Vault e dell’Artic World Archive, tramandata oralmente davanti ai fuochi notturni da generazioni di uomini sopravvissuti a qualche immane sventura, non assumerebbe i contorni del mito e della leggenda, avendo in mente un ricordo sfocato di una tecnologia perduta materialmente e sintatticamente. In tal caso, quegli uomini ricorderebbero solo che i loro antenati si erano adoperati per conservare una coppia di ogni specie vivente, animale e vegetale oltre alle cronache dei loro trascorsi. Nel caso del Global Seed Vault, persa la cognizione della realtà effettiva che si cela dietro questi siti di stoccaggio, essi penserebbero a un ambiente in cui coppie di animali ed esseri umani in carne ed ossa sarebbero sopravvissuti al fuoco, all’acqua o a chissà che altro. Nel caso dell’AWA, a seconda del supporto sul quale scriverebbero questi nostri pronipoti, essi penserebbero ad una sala piena di tavolette di argilla o cera, contenente la sapienza degli uomini primordiali, cioè noi. Ovviamente sbagliando contesto e metodologie da noi utilizzate.

Non sorprendiamoci, dunque, quando leggiamo che gli antichi Egizi abbiano pensato a documenti in papiro custoditi nelle stanze segrete della Sfinge. Essi usavano il proprio metro tecnologico per denominare cose del passato che non conoscevano e, poiché il loro supporto cartaceo era quello, perché avrebbe dovuto essere diverso per gli Atlantidei? Ma, soprattutto, non diamo per scontata la nostra esclusiva e primigenia presenza su questo pianeta. I nostri eredi potrebbero fare altrettanto!

(Yoda - 20 aprile 2017)